Ora pro nobis

DOMENICO ARENA ovvero PAOLINO

Qualcuno (la Maddalena) lo chiama Pao, qualcuno (San Bartolomeo) Lino, qualcun altro (San Giovanni Damasceno) semplicemente “ragazzo”. Ma il suo vero nome, nella commedia ORA PRO NOBIS di Paolo Pietroni, diretta da Elisabetta Vicenzi (in scena al Teatro dei Filodrammatici il 20, 21, 22 aprile, serate esclusivamente su invito; per prenotare il tuo invito, manda una e-mail a info@teatrotango.it, scrivendo il tuo nome, cognome, la data prescelta, il numero dei posti (1 oppure 2).), è Paolino – e così, infatti, lo saluta anche Sant’Agnese nella seconda scena. Paolino sul palco crede ai santi, così tanto da affidare loro la ricerca del suo caro amico Michele, molto amato e infine perduto… no smarrito… meglio perduto… smarrito… Giù dal palco, Domenico Arena, l’attore che veste i suoi panni, ai santi non crede per nulla (ma non ditelo a sua mamma, perché potrebbe diseredarlo). L’autore della commedia, Paolo Pietroni, dice che l’idea di chiamare Paolino il personaggio gli è venuta cogliendo una somiglianza di Domenico con San Paolino, vescovo di Nola, santo celebrato il 22 di giugno, piccola figura misteriosa, eclettica, sorprendente nella lunga galleria dei santi vissuti nei primi secoli dopo Cristo: E poi c’è anche un curioso inno a San Paolino che viene spesso cantato, in chiesa e per la strada, dai bambini di Nola!…

San Paolino di Nola

Paolino ha una memoria mostruosa perché è stato un bambino autistico; Domenico anche – voglio dire: non è stato un bambino autistico, ma ha anche lui una memoria mostruosa, visto che dall’inizio alla fine di ORA PRO NOBIS è al centro della scena. Paolino fornisce ai 4 santi indizi su Michele più o meno utili e più o meno precisi, ma non si sbottona più di tanto (anche se San Giovanni riesce a carpirgli una foto). Domenico, invece, si sbottona un po’ di più e, alla fine, di Michele ci dice quello che il suo personaggio non ha mai svelato ad alcun santo…

Domenico Arena (Paolino) in una scena di ORA PRO NOBIS con Maga Magò.

Domenico, qual è il tuo rapporto con i santi nella vita di tutti i giorni?
Adesso mi farai litigare con mia mamma, già lo so…

Oddio, speriamo di no! Intendi con Agostina (Maddalena Alesso) o con la tua vera mamma?
Quella vera! Ma cercherò di non farle leggere questa intervista, magari inventandomi un attacco informatico al sito di Teatro Tango! Comunque, per rispondere alla tua domanda, penso che ognuno di noi abbia fin da piccolo un percorso già stabilito: io, come tutti, ho fatto catechismo, sono andato a messa, all’oratorio, eccetera. Poi, crescendo, mi sono avvicinato al buddismo. Quindi, posso dire che in questo momento i santi sono molto lontani da me e io da loro. Tuttavia, li rispetto molto e rispetto chi ci crede, perché la libertà è un valore imprescindibile.

Gli amici possono essere considerati santi?
Faccio fatica a trovare un rapporto tra santi e amici.

Che cosa sono per te gli amici?
L’amicizia è un rapporto di fiducia al 100 per cento, un legame addirittura più completo di un rapporto d’amore. Gli amici – ed ecco la differenza fondamentale rispetto ai santi – ci devono essere, li devo toccare.

Quanti amici hai?
Gli amici stretti stretti sono 3 o 4. Sono amici di scuola, sono quelli che mi aiutano nel momento del bisogno e che, anche se non li sento regolarmente, quando ci vediamo è come se ci fossimo sentiti o incontrati il giorno prima…

E questo è un piccolo “miracolo” dell’amicizia… Vuoi, forse, dire che l’elemento che lega santi e amici è il “miraculum”, una “cosa meravigliosa”, una cosa che desta meraviglia?
Potrebbe essere…

Chi è il santo (o la santa) della commedia che ti è più simpatico?
San Bartolomeo (Oscar Vaccari, ndr), senza dubbio: Paolino instaura con lui un rapporto speciale e io, Domenico, con Oscar ho fatto grandi risate durante le prove. Seguono Sant’Agnese (Marta Rizi, ndr) o la Maddalena (Silvia Adelaide, ndr), visto che sono un uomo (Domenico) che ha un debole per le donne e che sul palco ho l’anima incontaminata di Paolino.

San Bartolomeo, Sant’Agnese, Santa Maria Maddalena… chissà chi sarà mai il più antipatico?!
Vediamo… ho sempre odiato i professori, non sono mai andato a scuola, quindi, non resta che San Giovanni Damasceno (Alfredo Rossi, ndr), anzi DamaSCEMO.

A prescindere da come va a finire la commedia e da chi vincerà la scommessa, su quale santo punteresti? Chi potrebbe ritrovare il tuo Michele, l’amico caro che è scomparso?
Scommetterei, imbambolato, 20 euro sulla Maddalena.

Perché scommetteresti proprio su di lei?
Perché, appunto, mi imbambola. Io, Paolino, sono una persona che si incanta su alcune cose e, quindi, mi incanto anche sulla Maddalena.

D’altra parte Paolino si incanta sulle cose rotonde – le bilie, le trottole, l’hula hoop – vuoi che non si incanti anche sulla Maddalena che ha le sue rotondità?! È stato difficile calarsi nel ruolo di chi è un ragazzo ex autistico e va in fissa sulle cose?
Sì perché è facile perdere il filo del testo. Il teatro è realtà, per cui se ti devi imbambolare lo devi fare per davvero.

Hai trovato un trucco per incantarti senza perdere il filo?
Ancora lo devo scoprire! Perciò cammino sul filo dell’imbambolamento! Meno male che mi aiutano i miei compagni di avventura!

C’è un momento, sul palco, che per te è stato più difficile degli altri?
Sì, è una parte in cui in realtà non dico tanto: è quando mia madre Agostina si arrabbia e io vorrei davvero risponderle con mille parole, ma le trattengo tutte. Il momento è molto intenso e faccio fatica a non parlarle per ore e ore, a non abbracciarla…

Hai mai perso un amico che poi hai ritrovato?
In realtà no. Anche gli amici che sono partiti non sono scomparsi, ci sentiamo regolarmente. Se li perdo è perché li voglio perdere.

Che cosa ami di Michele?
La sua fedeltà, il suo restarmi vicino, il nostro rapporto alla pari, mi capisce al volo con uno sguardo, non ci vogliono mille parole. Questo è il succo dell’amicizia, quella vera.

Vorrei che mi dessi sull’identità di Michele un indizio, che non hai dato ai santi…
Con i santi non ho parlato dell’amicizia stretta che io e Michele abbiamo, dei giochi che facciamo insieme, di come ci divertiamo a rincorrerci giocando a “ce l’hai” o a nascondino. Di come siamo felici quando stiamo insieme…

L’autore della commedia dice che tu sei un attore speciale, anzi specialissimo: gli ricordi il giovane Charlie Chaplin…

Mi piace Charlie Chaplin, mi è sempre piaciuto. Questo paragone mi imbarazza e però mi scombussola…

L’autore dice che è arrivato alla conclusione che tu sei un nipotino di Charlie Chaplin dopo avere visto un “corto” di Chaplin intitolato “La gabbia del leone”. Insomma tu ti muovi come se la vita fosse spesso una gabbia per te ma riesci sempre a venirne fuori, aiutato da qualcuno e da un po’ di fortuna. In fondo ogni commedia può essere una gabbia per un attore, il problema è riuscire a entrarci nel momento giusto e saltarne fuori al momento giusto.

Qui sta la felicità di lavorare in teatro, credo.

E la felicità è anche quella che aleggia nell’aria durante tutta la commedia, con la Misa Tango di Bacalov…

Ma non possiamo fare a meno di mostrare “La gabbia del leone” che ti vale il titolo di “nipotino di Charlie Chaplin!

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