Il Tango di Stravinsky

QUEL DIAVOLINO DENTRO DI NOI

I 3 diavoli, che incontrerete sul palco del Teatro La Scala della Vita di Milano il 26, 27, 28 maggio, alle ore 21 (a seguito delle rappresentazioni al Teatro Filodrammatici) sono niente al confronto del “diavolino” che troverete dietro le quinte o seduto per caso accanto a voi. L’ha scritta lui questa commedia, Il Tango di Stravinsky, usando una delle sue innumerevoli identità: quella del giornalista/scrittore Paolo Pietroni (altri 2 nomi, che in passato ha usato spesso, sono Raul Pietroni e Marco Parma, l’autore di Sotto il vestito niente, tanto per intenderci). Lui – che nella foto in apertura, è Mephisto, ritratto nel 1983 da Toni Thorimbert – è convinto di non essere il solo “diavolino” sulla Terra, perché – come sostiene – in ognuno di noi ce n’è uno. Non è detto che faccia solo del Male. E soprattutto, ha un punto debole, anzi debolissimo: davanti alla Bellezza depone le armi e diventa alleato del Bene. Volete saperne di più? Leggete qui sotto la sua intervista.

 

Paolo Pietroni, 2014 - Foto di Toni Thorimbert.

Paolo Pietroni, 2014 – Foto di Toni Thorimbert.

Paolo, con la tua fervida immaginazione messa a servizio di giornalismo, narrativa e teatro, immagino che avrai incontrato il diavolo parecchie volte. Ricordi come è avvenuto il vostro primo incontro?
Ricordo bene la prima volta che ho incontrato il diavolo. Avevo tra gli 8 e i 9 anni, all’inizio della pubertà. Durante il sonno. Ho sentito due lame fredde nelle mie ascelle e un sibilo nelle orecchie. È entrato nella mia camera. Ero disteso sul letto. Si è avvicinato. Una figura oscura, nera. Ha appoggiato la sua testa sulla mia fronte. Io ero come paralizzato. Avrei voluto gridare. Muovermi. Impossibile. La cosa, spaventosa, è durata non più di un minuto. Si è ripetuta più volte, fino ai 10, 11 anni. Si tratta di un fenomeno “paranormale” abbastanza diffuso nell’età della pubertà. Comprende anche altri fenomeni “paranormali”, come la lievitazione: a volte il mio corpo si sollevava, diritto, di una spanna sopra il materasso e poi, di colpo, tornava giù. Con il tempo diventa meno frequente e poi scompare. A poco a poco capisci che quella figura nera non viene dal mondo fuori di te, viene da te. È dentro di te, la porterai dentro di te per sempre, dovrai farci i conti, fa parte della tua natura. Dentro di te non c’è soltanto il Bene, c’è anche il Male, ti aiuta a crescere, a cambiare, a non chiuderti, ad andare avanti.

Quindi, non esistono diavoli e angeli al 100%?
È davvero importante rendersi conto che non esistono né angeli neri né angeli bianchi al 100%, sono due realtà che fanno parte di tutti, ogni tanto prende la prevalenza il nero, ogni tanto la prende il bianco. E quando incontriamo un angelo che in quel momento è nero, dobbiamo essere consapevoli del Male che può arrecarci, ma anche del Bene che può portarci, perché dipende da noi sfruttare positivamente questa “neritudine”. Anche la nostra Storia ha bisogno di questi continui conflitti tra nero e bianco, altrimenti non va avanti.

Che cosa chiede il diavolo a Coco ne “Il Tango di Stravinsky”?
Chiede il suo violino, cioè la sua anima, il suo sogno. Propone un baratto. Così ogni volta anche a noi. Nel corso della nostra vita abbiamo più di un sogno, un progetto che vogliamo realizzare a ogni costo. Il diavolo ci propone, in cambio, la ricchezza, un facile successo, un amore che non è un grande amore, eccetera. Per rifiutare il baratto, dobbiamo essere forti, perfezionare il progetto, capire che possiamo farcela soltanto indirizzando questo progetto verso un unico fine: creare qualcosa di bello. Poiché la Bellezza è l’unica cosa bella: la Bellezza resta nel tempo, prescinde sia dal Bene sia dal Male, di fronte alla Bellezza persino il diavolo si arrende, depone le armi, in un certo modo è obbligato a stare dalla nostra parte. Qui sta il problema: se il nostro sogno, il nostro progetto non ha in realtà come fine ultimo la creazione di qualcosa di bello, meglio rinunciare, cambiare sogno, cambiare progetto poiché alla fine ci porterà solo l’infelicità.

Mai rinunciare dunque al nostro violino, al nostro sogno, se ha come fine la creazione di qualcosa di bello. Funziona anche se diciamo “qualcosa di buono”?
Il buono non basta, e il “qualcosa di ricco” non tiene. Se ci impegniamo per la costruzione di una casa, il fine ultimo non deve essere quello di rivenderla a un prezzo triplo rispetto a quello a cui l’abbiamo comprata. La casa in sé e per sé è un simbolo, è una cosa bella e prescinde, quindi, dal Bene e dal Male.

Che cos’è esattamente la Bellezza di cui parli, la Bellezza di fronte alla quale persino il diavolo si arrende?
Se uno nasce artista, è facile rispondere. Ma la creazione della Bellezza non è sempre e in ogni caso un’opera d’arte. Può essere anche altro. Un lavoro, un figlio, una figlia, un negozio, una sedia, un oggetto che offriamo agli altri, un atto d’amore, anche l’amore per una donna, per un uomo, per un animale, per una pianta, per un guardino. Nel mio caso, anche un giornale, un libro, una commedia, e oggi aggiungo: il lavoro attraverso Teatro Tango per capire la filosofia del tango e portare qualcosa di mio all’interno di questa filosofia.

Chi è portatore di Bellezza in questa commedia?
Coco è la prima a creare Bellezza con un grande gesto d’amore: il suo bacio a un rospo, un povero e brutto rospo, che diventa un uomo meraviglioso e rinuncia a impossessarsi del suo violino, della sua anima, del suo sogno, il sogno della sua vita in quel momento. Anche nella nostra vita possiamo incontrare un rospo che può risolvere ogni problema se troviamo il coraggio di baciarlo all’improvviso, sorprendendo noi stessi prima ancora degli altri che ci stanno intorno. E poi, Stanislao e Coco, insieme, portano Bellezza. Sono due angeli bianchi che cercano di realizzare un piccolo sogno, quello di acquisire lo spartito del Tango di Stravinsky. Il dono di creare Bellezza, secondo me, non ce l’hanno solo gli artisti ma tutte le persone che – come Stanislao e Coco – hanno un sogno. Anche un artigiano, uno studente, un piccolo imprenditore, anche un oscuro impiegato, tutti possono creare qualcosa di bello nella loro vita. Ognuno di noi, se si volta indietro, vede tutte le cose che ha realizzato, alcune poco significative, altre che non hanno retto al passare del tempo, e poi c’è quasi sempre una bella cosa, anche piccola, che rimane, non viene dimenticata né da chi l’ha realizzata né dalle persone che l’hanno ricevuta.

Oscar Vaccari, Silvia Adelaide e Domenico Arena durante le prove de Il Tango di Stravinsky.

Oscar Vaccari, Silvia Adelaide e Domenico Arena durante le prove de Il Tango di Stravinsky.

Qual è la cosa più bella che hai realizzato nella tua vita?
Oggi come oggi, non vorrei sembrare opportunista ma penso che sia “Il Tango di Stravinsky”. È la “cosa più bella”, più bella di tutte le commedie teatrali, dei libri che ho scritto, dei giornali che ho diretto e ideato (anche se Sette, l’allegato del Corriere della Sera, le fa concorrenza da lontano). Questo Tango di Stravinsky, per fortuna o per caso, ha una bellezza particolare perché contiene in sé la perfezione di una commedia teatrale. La prova è che, guardando le rappresentazioni, ho sentito un’emozione che non avevo mai provato in precedenza, se non a tratti. E, talvolta, mi sembra quasi impossibile che l’abbia scritta io. Riuscirò mai a scriverne di nuovo una così bella? Chissà…

A Coco, poi, mi sembra che tu sia particolarmente legato…
È un personaggio straordinario, non so da dove sia venuto fuori, perché non assomiglia a nessuna persona che io conosca o abbia incontrato nella mia vita. Una notte mi è accaduto persino di sognare Coco. Ero davanti a un grande albergo al crepuscolo, con le luci accese al suo interno. Ero in Svizzera, in una località non ben definita, nel giardino di questo hotel, in attesa che cominciasse un piccolo ricevimento a cui ero invitato. E lontano, tra gli alberi, ho visto un ragazza bionda, decisamente bionda, che mi guardava. E io guardavo lei. C’era un’attrazione fortissima tra di noi. Tant’è che ci siamo venuti incontro. Aveva dei bellissimi occhi celesti e non corrispondeva assolutamente alle due, tre tipologie femminili che di solito sogno e verso le quali provo un’attrazione erotica: era abbastanza rotonda, assolutamente non magra, aveva un’aria sana da campagnola, da contadina, era alta un metro e 65 circa. L’attrazione era così forte che ci siamo baciati, bocca nella bocca, con un realismo che non mi è mai capitato di sognare. Il bacio sarà durato un minuto. Che è tantissimo per un bacio! Poi lei si è staccata da me dicendomi: “Adesso devo andare via”. “Ma dove abiti?”, le ho chiesto. “Non te lo posso dire”. “Ma avrai almeno un numero di telefono, me lo puoi dare?”. “Sì, ti do il mio numero di cellulare…”. In quel momento mi sono svegliato, ho abbrancato il mio telefonino, tempo di accenderlo e mi sono messo a ridere dicendo: “Ma che cosa sto facendo?!? Non è possibile che mi stia dando il suo numero di telefono, perché lei… è un sogno!”. Immediatamente, però, ho capito che quella era Coco, anche se lei mi aveva detto di chiamarsi Paola…

Che cosa ti attrae di Coco?
La folle bellezza.

Di Stanislao?
Il sacrificio generoso che fa.

Del diavolo?
Che alla fine vince perdendo.

Di Oscar Vaccari?
Qui devo essere un po’ meno telegrafico. Quando ho scelto Oscar come attore di Angelo 2000 nel 2007, era l’art director del mensile OK la salute. Non aveva mai pensato di fare teatro. E’ stata una rivelazione per lui. Abbiamo scoperto insieme che era un bravo grafico ma come attore era un vero animale da palcoscenico, con insospettate e incredibili potenzialità, naturale, spontaneo, intenso, drammatico e comico. Ne Il Tango di Stravinsky è cresciuto ancora di più, la sua maschera è diventata una maschera irresistibile… Non è facile immaginare che cosa accade nella vita di un uomo ormai cinquantenne quando irrompe un nuovo modo di essere, quando la sua vita riparte da zero… Cambiano tutti i suoi rapporti con il mondo, con il lavoro, con la famiglia. Il suo modo di muoversi, di parlare, di guardare… Per me Oscar Vaccari è un “mostro” nel senso meraviglioso della parola… Per molti giorni ho faticato io stesso a riconoscerlo e ammiro la tenacia con cui coltiva la passione che unisce la sua vita di ieri alla sua vita di oggi: la corsa quotidiana, più chilometri ogni giorno, elegante, magrissimo, agile nella sua tuta nera, e mentre corre si chiede chi è oggi e chi era ieri. Corri, corri, corri, Oscar la vita è ancora lunga e meravigliosa per chi possiede il tuo coraggio!

Di Domenico Arena?
È un talento purissimo, eclettico, può fare il comico, il drammatico, il buono, il cattivo. Ha la capacità di trasformare la sua voce e il suo corpo, dentro di sé ha un mondo di personaggi.

Di Silvia Adelaide?
Bravura a parte, la straordinaria capacità di emozionare, di emozionarsi, passando dal riso al pianto in un secondo.

La più bella cosa che ha creato la regista per questa commedia?
Elisabetta Vicenzi
ha fatto molte cose belle in questa commedia. La più bella, secondo me, è stata la costruzione del personaggio di Coco. Una ragazzina all’inizio petulante, persino fastidiosa con le sue risate ossessive e compulsive. E poi, piano piano, una donna forte, irresistibile, affascinante, e bella, sempre più bella, ci entra nella testa, nel sangue, nel cuore. Il merito è anche dell’attrice, Silvia Adelaide. Ma anche Domenico Arena, il diavolo, e Oscar Vaccari, il padre di Coco hanno costruito i loro personaggi bene, ciascuno nel proprio cerchio. E che dire di Stravinsky e del suo tango? Senza quel tango, che non si conclude mai, proprio come i cerchi del tango, questa commedia non avrebbe mai raggiunto la scena. Né io avrei mai potuto scriverla senza il mio primo incontro con il cerchio, il mio cerchio, quando ero un bambino di 4 anni, come testimonia la fotografia qui sotto. L’incontro con il diavolo in fondo è stato più facile e scontato: era dentro di me, come sta dentro a ognuno di noi…

Paolo1

Paolo Pietroni a 4 anni, Parma.

 

———————– Intervista e testo di Marianna Sax, 14 aprile 2016 ———————–

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