Incontrerà il diavolo 3 volte lo spettatore che andrà a vedere la commedia Il Tango di Stravinsky, in scena il 26, 27 e 28 maggio 2016, ore 21, al Teatro La Scala della Vita di Milano (via Piolti de Bianchi 47). Tre diavoli e un attore, Domenico Arena della compagnia Teatro Tango, che si incarna nel diavolo due volte come uomo e una volta come donna, con lo stesso messaggio: a ognuno di noi potrà capitare prima o poi nel corso della vita di incontrare il diavolo e di ricevere da lui la proposta di un baratto: la tua anima in cambio di… Starà allo spettatore accettare o rifiutare il baratto. In ogni caso la vita non sarà più quella di prima. E in ogni caso la commedia alla fine suggerisce quale sia l’arma giusta per vincere il duello fatale.
“Gloria nell’alto dei cieli/ ma non c’è pace quaggiù/ non ho bisogno di veli/ sei già un angelo tu/ che accendi un diavolo in me/ perché c’è un diavolo in me…”, cantava Zucchero (di cui, guarda caso, è appena uscito il nuovo album che, ri-guarda caso, si chiama Black Cat, ovvero Gatto Nero… insomma, quando parli del diavolo…). Bene, l’attore Domenico Arena – che all’inizio della sua carriera ha debuttato in un’opera del grande Vincent Ronci Gaeta – di diavoli dentro di sè ne ha ben 3 e… non ci crederete, ma qualcosa è cambiato veramente nella sua vita da quando interpreta questa triade di ruoli diabolici! Leggete l’intervista qui sotto e ne scoprirete delle belle, perché… il diavolo fa le pentole ma non i coperchi!
Buongiorno Domenico, o dovremmo chiamarti Diavolo?
Per la verità dovreste chiamarmi Diavolo-Diavolo-Diavolo, tre volte diavolo. Perché in scena soffro di un disturbo della personalità, di tripla personalità!
Infatti – lo ricordo a chi ancora non lo sa – nella commedia Il Tango di Stravinsky (scritta da Paolo Pietroni e diretta da Elisabetta Vicenzi) interpreti 3 personaggi – Christopher Bukowski, Violette Auberjonois e Harrison Reinhart – che, con sfumature diverse, rappresentano il diavolo in carne e ossa. In quale ti trovi più a tuo agio?
Senza ombra di dubbio, in Christopher Bukowski. La ragione è presto detta: è una persona viscida. E le persone come lui, nella vita di tutti i giorni, le prendo sempre in giro. Mi hanno sempre attratto, le guardo, succhio tutto quello che vedo e provo a metterlo in scena, quando serve.
Lo preferisci perché, forse, è il diavolo “più diabolico”?
Probabilmente sì, è più diabolico degli altri due. Violette, per esempio, ha gli angoli più smussati, perché è una donna e deve far andare in brodo di giuggiole Stanislao Pishinsky. Ma attenzione, è più morbida ma comunque perfida perché sa dove vuole arrivare: seduce il padre per arrivare alla figlia.
I personaggi femminili ti riescono sempre bene, lo abbiamo già visto nella commedia Artemide. Come ti trovi nei panni di una donna?
Vestirli è piuttosto difficile. Un uomo che interpreta una donna deve dosare molto bene i gesti, la voce, gli elementi femminili, altrimenti rischia di far venire fuori una caricatura. Deve stare in bilico tra la donna che è sul palco e l’uomo che non deve dimenticare di essere giù dal palco.
Oscar Vaccari, l’attore non professionista che interpreta Stanislao, padre della piccola Coco, fa molta fatica a vederti donna?
Sì, in scena è davvero uno spasso, ci divertiamo tantissimo per questo motivo. D’altra parte non gli sto rendendo la vita facile: quando facciamo le prove, non indosso i vestiti di scena e, come se non bastasse, ho persino la barba lunga! L’unica speranza è che, tagliandomela a zero per la prima, gli faccia dimenticare di chiamarmi Domenico!
E del terzo diavolo che cosa ci dici?
Reinhart è il “figo”, il bello e diabolico che punta solo a Coco e… la conquisterà? Non la conquisterà? Chi lo sa?! Non voglio rivelare la fine…
Da quando hai iniziato a recitare la parte di questi 3 diavoli è cambiato qualcosa nella tua vita?
Sì, guardo di più le persone, le passo ai raggi X una decina di volte per trovare il loro lato diabolico! I miei amici stanno iniziando a odiarmi, perché cerco di cogliere il lato più subdolo di ognuno di loro. Insomma, vedo sempre un retropensiero anche quando non c’è. E poi, da quando faccio le prove de Il Tango di Stravinsky, cerco di barattare qualsiasi cosa.
Come hai fatto a calarti nei panni del diavolo?
Sono stato facilitato dalla mia passione per il blues. Secondo la leggenda, questo genere musicale è nato dal bluesman Robert Johnson che, guarda un po’, ha venduto l’anima al diavolo in cambio della capacità di suonare la chitarra come nessun altro al mondo. Quindi, è da un po’ di tempo che questa immagine del diavolo mi ha affascinato…
Ti faresti sedurre dal diavolo?
Bella domanda. Dipende da quello che mi darebbe in cambio. Comunque, a pensarci bene, ci sarebbe una buona probabilità che mi lascerei sedurre. Musicalmente parlando, ovviamente.
Quali sono le tue armi di seduzione – intendo quelle dei 3 diavoli – in scena?
Quando sono Violette, la mia arma di seduzione è quella sensuale, erotica. Bukowski è molto brutto, ma ha un riguardo verso Coco che è diverso dagli altri due. La guarda, la osserva, la affascina con il pendolo, con i gesti quasi magici delle mani. Reinart invece ha la voce calda, è molto bello e la sua arma è più romantica che sensuale.
Quale diavolo è stato più ostico da interpretare?
Violette perché è una donna e Reinart, il “figo”, perché non sono esattamente come lui… devo confessarti che non mi sento molto Gassman…
Pensi che ognuno di noi, senza eccezioni abbia un piccolo diavolo dentro di sé?
Da quando faccio questo spettacolo, lo penso davvero! Ma il piccolo diavolo che abbiamo dentro di noi non ci condanna alla dannazione eterna. Con lui si può giocare, basta non esagerare ovviamente.
Qualcuno mi ha spifferato con tono diabolico che sul palco non hai fatto troppa fatica a calarti in 3 personaggi, perché anche giù dal palcoscenico hai 3 personalità diverse…
Questo sì che è un pensiero davvero diabolico! E quali mai sarebbero queste 3 personalità?!
Beh, immagino che la prima personalità sia quella di “disegnatore divino”. D’altronde il ritratto di Stravinsky, che sta in scena dall’inizio alla fine, lo hai fatto tu, no? Quando hai iniziato a disegnare?
Ho iniziato a disegnare in ospedale, dove in passato sono stato ricoverato per un bel po’ di tempo. Mi annoiavo, la televisione non riuscivo a guardarla, la Playstation non mi piaceva, ero disperato per quello che avevo e pensavo di morire. In realtà non stavo morendo, ma noi uomini facciamo crollare tutto anche con un raffreddore. È nato tutto così. Quelle che dipingo sono forme geometriche, schizzi. I miei artisti preferiti sono Jackson Pollock e Jean-Michel Basquiat. Mi piace la pazzia, mi piacciono i diavoli, secondo me loro sono davvero due diavoli…
E della seconda e terza personalità che cosa ci dici?
La seconda è sicuramente quella di musicista. Suono la chitarra, le percussioni e il didgeridoo, l’antico strumento a fiato degli aborigeni australiani. Ovviamente non da professionista. La terza… non saprei…
Attore?
Forse sarebbe più preciso dire: “ex-pizzaiolo, ex-panettiere, ex-elettricista, ex-promettente-calciatore, attualmente-camionista-che-porta-da-mangiare-nelle-ditte e aspirante-attore”. Sono ancora troppo timido per riuscire a dire agli altri che sono un attore. Anche i miei genitori non sanno nulla della mia attività qui a teatro. Sono venuti a vedermi solo una volta in… quanti anni? vediamo un po’… ho iniziato che avevo 17 anni, adesso ne ho 32… Quindi, in 15 anni.
La cosa più diabolica che hai fatto da bambino?
Ho rubato il crocifisso e – mi vergogno a dirlo, perché mia mamma ancora ci piange – ho lasciato delle macchie rosse, che simulavano il sangue, per tutta la chiesa. Una cosa un po’ splatter. Ho tenuto nascosto il crocifisso per una settimana. E per una settimana, durante la messa della domenica il parroco mi metteva al centro della chiesa e mi faceva la ramanzina davanti a tutti. Ma le mie azioni diaboliche non si fermano qui. Quando ho compiuto la seconda, ero alle superiori. A me e ai miei compagni non piaceva un’insegnante. Così abbiamo pensato: “Facciamola spaventare così non ritorna più!”. Ho preso un petardo e l’ho lanciato dalla finestra per buttarlo in cortile. Peccato che la finestra fosse chiusa, però. Il petardo è rimbalzato indietro ed è esploso in classe. L’insegnante è svenuta, ma è rimasta a scuola, mentre a me hanno dato due mesi di sospensione…
—————————- intervista e testo di Marianna Sax, 5 aprile 2016 —————————-