Personaggi

ALMERINA BUZZATI

Il 22 novembre 2015 ci ha lasciati per sempre Almerina Buzzati. Siamo senza parole. Un dolore improvviso. E profondo. Un mese fa c’era stato l’ultimo incontro con lei e sua figlia Zelda a un pranzo, seduti intorno a un tavolo del ristorante Rigolo di Milano, il giornalista del Corriere della Sera Lorenzo Viganò e Paolo Pietroni, i due autori di UN AMORE (tratto dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati) che andrà in scena al teatro Filodrammatici di Milano alla fine del prossimo mese di aprile. Almerina aveva voluto sapere come procedeva la riduzione teatrale. Era curiosa. Era felice.

Questa pagina non trova le parole per ricordarla questa sera. Ci piace, per non sentirci soli, per non sentirci assenti, ricordare una breve intervista in cui Almerina parla di suo marito Dino con il giornalista dell’Oggi Mauro Gaffuri, tre anni fa. E’ tutto, per il momento.

Premessa: Dino e Almerina si conobbero nel luglio 1960, restarono a lungo amici per poi sposarsi nel 1966: dodici anni di conoscenza, sei anni di vita matrimoniale. Dino Buzzati (16 ottobre 1906 – Milano, 28 gennaio 1972) fu giornalista del Corriere della Sera per 43 anni, fino all’ultimo giorno della sua vita. Come scrittore, il suo romanzo più conosciuto è Il deserto dei Tartari (1940). Con Sessanta racconti (1958) vinse il premio Strega. Fu anche pittore, drammaturgo, poeta e librettista. Nel libro La multiforme opera di Dino Buzzati (L’Arcolaio, 237 pagine, 15 euro), curato da Mauro Germani, è contenuta la lunga intervista integrale di Mauro Gaffuri ad Almerina Buzzati che qui pubblichiamo solo parzialmente.

Almerina Buzzati ricorda: “… Dino aveva un tumore maligno al pancreas, come quello che portò alla tomba suo padre. Inesorabile. Gli stetti molto vicino quel 1971, l’anno che lo scoprì. Umberto Veronesi era presente la mattina dell’operazione alla clinica Madonnina, fu lui a dire al chirurgo, una volta aperto il corpo di Dino, di richiudere perché non c’era più niente da fare.

Ricordo la spensieratezza, l’allegria, il piacere di stare insieme. La mattina lui si alzava prima delle sette, io ero sveglia perché non dormivo, la notte leggevo. La nostra cameriera fissa preparava la colazione mentre Dino era in bagno. Lui beveva il tè insieme con me, mangiucchiava qualche biscottino, poi raggiungeva la redazione del Corriere della Sera. Intanto io andavo a letto e dormivo fino quasi alle 14.

Dino stava alzato in mia compagnia almeno fino alle due di notte in salotto. Se scriveva seduto sul divano, io ricamavo o leggevo. Se dipingeva sul tavolone, si poteva anche chiacchierare. Se era libero, fingevamo di giocare a golf, mimando le mosse. Quando lui cominciava a dormire, io continuavo a leggere fino alla mattina.

Lo incontrai la prima volta davanti alla fontana dei Giardini pubblici. Ho ancora il ritaglio dell’articolo della Domenica del Corriere firmato Dino Buzzati: c’è la fotografia di un ragazzo appena laureato accanto a me che avevo quasi vent’anni. Mi chiamarono di corsa per sostituire la modella che doveva posare per la foto.

In quel periodo Dino era disperatamente innamorato di Laide, per usare il nome del personaggio del romanzo Un amore ispirato a quella misteriosa donna…Il nostro rapporto continuava solo come amici. Ma nel 1963 era uscito proprio Un amore e io lo lessi…

Quando la loro relazione finì, capii che era come fosse rinato. Otto giorni prima della morte di Dino, invitai quella donna in ospedale. L’incontro fra loro due è avvenuto in mia assenza, io sono sparita. Poi ho chiesto a Dino se fosse contento di averla rivista. Lui mi rispose: “È come se fosse venuta la mia stiratrice”…

Io gli ho voluto veramente bene… Lui era il mio amore, ma io non glielo dicevo, oppure glielo dicevo scherzando. Vista la sua esperienza precedente, non volevo che l’amore diventasse una malattia anche tra noi due…

Quando è venuto il prete in clinica, la mattina in cui se ne è andato, Dino ha rifiutato l’estrema unzione chiedendomi di mandarlo via. Ho pregato il sacerdote di uscire, ma lui insisteva per impartirgli il sacramento. Così, mi sono alzata e ho dato un colpo all’ampolla dell’olio benedetto, facendola cadere in corridoio, fuori dalla camera: mentre il prelato si chinava a raccoglierla, io ho sbarrato immediatamente la porta. Dino, però, rispettava molto il sentimento religioso degli altri. Ed era molto affezionato alla giovane suor Beniamina, che accudiva malati nel suo reparto…”

Nella foto: Almerina a 29 anni e Dino Buzzati a 64, nel giardino della villa cinquecentesca della famiglia Buzzati a San Pellegrino nell’anno 1969.

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