Botanico
Buonasera, io sono Silvano. Di lavoro faccio il botanico.
Io voglio. Prima di raccontare. Il mio segreto. Io voglio mettere le cose chiare. Ecco. Mia madre dice: se la gente ti chiede cosa fai, tu rispondi che fai il botanico. Non è proprio esatto. Io voglio dire. Non è vero. Io non sono un botanico. La gente lo sa che io sono
“cerebroleso”. Ecco. Chi non lo sa mi guarda. Lo capisce. Io sono “cerebroleso”. Muovo la testa. Muovo le mani. Così. Faccio il massimo.
Ma non ho l’istruzione. Ecco. Non posso dire: faccio il botanico. Faccio l’ortolano. Curo l’orto del papà. Ecco.
Io voglio raccontare. Tutta la verità. Adesso. Io non volevo fare male a quel bambino. Quello che è morto. Io non voglio fare male a nessuno. Ma lui mi ha riso davanti a tutti. Ecco. Lui continuava a ridermi. E non doveva. Io voglio dire che non doveva.
“Ma tu non eri nel tuo orto”. Mio padre ha detto. Vero! Io non ero nel mio orto. Però i fiori papà sono i fiori. Qui sono i fiori. Lì sono i fiori.
“Ma tu non eri a casa tua”. Mio padre ha detto. Io non ero dentro. Io ero fuori. Nel giardino. Della signora Be… non ricordo mai! Quel nome!… Ero nel giardino. Perché lei mi ha detto di andare. A vedere. Nel giardino. Le rose bianche. Ecco. Perché lei mi ha detto di andare a vedere nel giardino le rose bianche. Che erano malate.
La signora Beatrice. Ha messo la musica nel salotto. “Balli un tango con me?”, mi ha detto. “Non so ballare. Il tango. Bene”, ho risposto. “Vieni qui. Io faccio l’uomo. Tu fai la donna. Così diventa facile”.
Mi ha messo sulla testa una parrucca bionda. “Come sei carina!”, ha detto. Mi ha dato un bacio. La signora Beatrice. Sulla bocca. Papà!
Allora sono andato nel giardino. Fuori. Ho visto quelle rose. Malate. Ho cominciato a parlare. Con loro.
“Ma tu devi parlare con i fiori del tuo orto. E basta”. Mio padre ha detto.
Ma perché?
“Non si parla con i fiori degli altri. La gente non vuole”. Mio padre ha detto…
(continua sul palcoscenico)
Segreti